L’origine dello sport nel mondo antico
Nel nostro
parlare comune usiamo spesso parole come gara, atleta, agonistico, … tutte
riconducibili ad un unico campo semantico: quello dello sport. Oggi vengono
praticati moltissimi tipi di sport, sia a livello professionistico che a
livello amatoriale, ma la “culla” dell’attività sportiva, come di tante altre
realtà pratiche e teoriche giunte sino a noi, fu la Grecia antica.
Lo sport nel senso proprio del termine
(ossia la gara) e i giochi atletici sono un’istituzione tipica della società
greca antica e così pure sono discesi dal greco i vocaboli che utilizziamo per
parlarne. Il sostantivo italiano “atleta”, ad esempio, deriva proprio dal greco
athletés e significa “colui che gareggia”, mentre l’aggettivo
“agonistico” deriva dal verbo greco agonizomai, che significa
sia “combattere” sia “gareggiare per un premio”; questo duplice valore si
ritrova nel termine italiano, cosicché “agonistico” vuol dire sia “battagliero,
combattivo” sia “relativo allo sport”.
È evidente, dunque, che in passato c’era una
certa sovrapposizione tra l’esercizio fisico praticato in ambito militare e
quello praticato per ragioni ludiche/di divertimento. Possiamo dire, insomma,
che sia i guerrieri che gli sportivi erano considerati a tutti gli effetti
degli atleti e dovevano quindi tenersi in forma ed essere in grado di svolgere
diverse attività fisiche.
Un altro aspetto rilevante dell’atletismo,
cioè dell’attività degli atleti, nell’antichità è il suo legame con il sacro. Le gare atletiche, infatti,
avvenivano solitamente in coincidenza con alcune festività religiose. L’usanza
di celebrare gli dei con competizioni in cui gli uomini misuravano le loro
capacità è molto remota e dimostra che i Greci – e, più in generale, le civiltà
antiche – attribuivano un grande valore al vigore e all’abilità fisica.
Le gare principali e più antiche che
conosciamo sono le cosiddette Olimpiadi,
feste dedicate a Zeus che si tennero a Olimpia, nella regione dell’Elide, ogni
quattro anni, a partire dal 776 a. C. Secondo la tradizione, le Olimpiadi
furono fondate da Eracle ed esse erano considerate così importanti che per
lungo tempo fornirono la base per la cronologia: si stabilì, infatti, di
misurare gli anni a partire dalla prima Olimpiade. Tra i riti in onore di Zeus
celebrati a Olimpia, nel 776 a. C. vi fu una gara di corsa sulla distanza di
uno stádion, ossia di circa 200 m, poi si aggiunsero nel tempo altre discipline,
come la corsa lunga, il lancio del disco e del giavellotto, il krátion (unione di lotta e pugilato), la corsa con i cocchi trainati da
cavalli e i combattimenti con le armi. I giochi si svolgevano nell’arco di
cinque giorni e potevano parteciparvi solo i cittadini maschi, liberi, adulti e
di stirpe greca. Tutte le città dell’Elide inviavano una delegazione di
concorrenti e durante i giochi veniva stabilita la cosiddetta “tregua
olimpica”, ossia erano sospese tutte le operazioni militari.
Le Olimpiadi non furono le uniche
manifestazioni religiose e sportive del mondo greco, anzi, ogni città aveva le
sue gare ed esistevano quattro grandi
agoni panellenici, che comprendevano, oltre ai giochi olimpici, i giochi
pitici in onore di Apollo, che si svolgevano a Delfi, i giochi istmici in onore
di Poseidone, che si svolgevano a Corinto, e i giochi neemei ancora in onore di
Zeus, che si svolgevano ad Argo. Chi otteneva il primo premio in tutti e
quattro gli agoni era definito periodoníches, ossia
“vincitore di tutto il ciclo dei giochi”, e veniva ritenuto un eroe, al pari
degli eroi e dei semidei mitologici.
Nel sistema
ideologico e culturale della Grecia antica l’esito della gara e la qualità
della performance dell’atleta erano determinati dal diretto
intervento delle divinità, come testimonia, fra i tanti esempi possibili, l’episodio
della corsa con i carri per i giochi funebri in onore di Patroclo nel Libro
XXIII dell'Iliade, che svela il carattere sacrale dell'agonismo
nella società omerica. L’atleta, nello svolgimento delle sue prestazioni
fisiche, si rifaceva dunque a una serie di modelli anche “tecnici”
dell'atletismo codificati dalla tradizione mitica.
Gli atleti potevano conseguire una gloria
straordinaria tramite la vittoria nelle gare e diventavano modelli ideali di
forza e di coraggio; per loro si innalzavano statue, si celebravano feste e si
scrivevano inni.
A margine delle competizioni atletiche durante
gli agoni panellenici avevano luogo rassegne musicali e poetiche. Solitamente,
i vincitori delle gare atletiche e di quelle musicali e letterarie ricevevano
in premio una corona vegetale.
Sport e letteratura nel mondo antico
Sin
dall’antichità, dunque, si può affermare l’esistenza di uno stretto legame tra
l’attività agonistica e la produzione artistico-letteraria. Poeti e narratori
nel corso dei secoli hanno descritto e illustrato l'esercizio fisico nei
rispettivi linguaggi, coltivando diverse concezioni dell'atletismo, descrivendo
tecniche e strategie di sfide e combattimenti, plasmando imprese e figure
autentiche di campioni o creando eroi del tutto immaginari, investigando aspetti
positivi e negativi della passione agonistica.
La letteratura legata allo sport subisce nei
secoli una costante metamorfosi, si trasforma seguendo i cambiamenti che
investono varie attività atletiche, combattive e ludiche, risentendo
congiuntamente delle mutazioni dei sistemi e dei modi della comunicazione, a
seconda delle epoche e delle civiltà.
La
letteratura greca antica offre numerose testimonianze di elevato spessore
artistico e creativo legate a diverse discipline atletiche allora praticate e al
carattere religioso e sacrale che la pratica dell’atletismo ‒ i Giochi Olimpici
quanto gli Ateniesi, gli Istmici, i Nemei ‒ e la figura stessa dell'atleta
possedevano nel contesto culturale e ideologico della civiltà dell'antica
Grecia. I poemi omerici Iliade e Odissea, le Odi di Pindaro, gli Epinici di Bacchilide,
gli Idilli di Teocrito e
diverse liriche raccolte nell'Antologia Palatina, ad esempio, gettano luce anche sugli
aspetti “tecnici” delle discipline allora praticate e sulla lenta diffusione dell’attività
atletica nella vita quotidiana del mondo antico, sul fascino attrattivo che
giochi e agoni, prima come feste sacre poi gradatamente anche come eventi
ludici, esercitavano sulla folla.
Lo stesso può dirsi per la letteratura
latina di epoca romana dalla quale si può estrarre un vasto repertorio di opere
poetiche (dalla corsa di Eurialo e Niso e la gara al tiro con gli archi dell'Eneide, ai versi di
Orazio, Tibullo, Properzio.) o in prosa le quali, tra l’altro, riflettono la
metamorfosi subita dalla concezione dell’attività atletica nella società
romana, con l’affermazione del culto salutistico del corpo e di discipline atte
a potenziare la combattività del soggetto (la lotta, il pugilato, il pancrazio)
sino alla progressiva secolarizzazione della prestazione atletica; l’atleta,
quindi, non ha più successo grazie alla divinità che lo favorisce, ma per
merito proprio.