sabato 17 febbraio 2018

LO SPORT NELL'ANTICHITA'

L’origine dello sport nel mondo antico
Nel nostro parlare comune usiamo spesso parole come gara, atleta, agonistico, … tutte riconducibili ad un unico campo semantico: quello dello sport. Oggi vengono praticati moltissimi tipi di sport, sia a livello professionistico che a livello amatoriale, ma la “culla” dell’attività sportiva, come di tante altre realtà pratiche e teoriche giunte sino a noi, fu la Grecia antica.
   Lo sport nel senso proprio del termine (ossia la gara) e i giochi atletici sono un’istituzione tipica della società greca antica e così pure sono discesi dal greco i vocaboli che utilizziamo per parlarne. Il sostantivo italiano “atleta”, ad esempio, deriva proprio dal greco athletés e significa “colui che gareggia”, mentre l’aggettivo “agonistico” deriva dal verbo greco agonizomai, che significa sia “combattere” sia “gareggiare per un premio”; questo duplice valore si ritrova nel termine italiano, cosicché “agonistico” vuol dire sia “battagliero, combattivo” sia “relativo allo sport”.
   È evidente, dunque, che in passato c’era una certa sovrapposizione tra l’esercizio fisico praticato in ambito militare e quello praticato per ragioni ludiche/di divertimento. Possiamo dire, insomma, che sia i guerrieri che gli sportivi erano considerati a tutti gli effetti degli atleti e dovevano quindi tenersi in forma ed essere in grado di svolgere diverse attività fisiche.
   Un altro aspetto rilevante dell’atletismo, cioè dell’attività degli atleti, nell’antichità è il suo legame con il sacro. Le gare atletiche, infatti, avvenivano solitamente in coincidenza con alcune festività religiose. L’usanza di celebrare gli dei con competizioni in cui gli uomini misuravano le loro capacità è molto remota e dimostra che i Greci – e, più in generale, le civiltà antiche – attribuivano un grande valore al vigore e all’abilità fisica.
   Le gare principali e più antiche che conosciamo sono le cosiddette Olimpiadi, feste dedicate a Zeus che si tennero a Olimpia, nella regione dell’Elide, ogni quattro anni, a partire dal 776 a. C. Secondo la tradizione, le Olimpiadi furono fondate da Eracle ed esse erano considerate così importanti che per lungo tempo fornirono la base per la cronologia: si stabilì, infatti, di misurare gli anni a partire dalla prima Olimpiade. Tra i riti in onore di Zeus celebrati a Olimpia, nel 776 a. C. vi fu una gara di corsa sulla distanza di uno stádion, ossia di circa 200 m, poi si aggiunsero nel tempo altre discipline, come la corsa lunga, il lancio del disco e del giavellotto, il krátion (unione di lotta e pugilato), la corsa con i cocchi trainati da cavalli e i combattimenti con le armi. I giochi si svolgevano nell’arco di cinque giorni e potevano parteciparvi solo i cittadini maschi, liberi, adulti e di stirpe greca. Tutte le città dell’Elide inviavano una delegazione di concorrenti e durante i giochi veniva stabilita la cosiddetta “tregua olimpica”, ossia erano sospese tutte le operazioni militari.
   Le Olimpiadi non furono le uniche manifestazioni religiose e sportive del mondo greco, anzi, ogni città aveva le sue gare ed esistevano quattro grandi agoni panellenici, che comprendevano, oltre ai giochi olimpici, i giochi pitici in onore di Apollo, che si svolgevano a Delfi, i giochi istmici in onore di Poseidone, che si svolgevano a Corinto, e i giochi neemei ancora in onore di Zeus, che si svolgevano ad Argo. Chi otteneva il primo premio in tutti e quattro gli agoni era definito periodoníches, ossia “vincitore di tutto il ciclo dei giochi”, e veniva ritenuto un eroe, al pari degli eroi e dei semidei mitologici.

Nel sistema ideologico e culturale della Grecia antica l’esito della gara e la qualità della performance dell’atleta erano determinati dal diretto intervento delle divinità, come testimonia, fra i tanti esempi possibili, l’episodio della corsa con i carri per i giochi funebri in onore di Patroclo nel Libro XXIII dell'Iliade, che svela il carattere sacrale dell'agonismo nella società omerica. L’atleta, nello svolgimento delle sue prestazioni fisiche, si rifaceva dunque a una serie di modelli anche “tecnici” dell'atletismo codificati dalla tradizione mitica.
   Gli atleti potevano conseguire una gloria straordinaria tramite la vittoria nelle gare e diventavano modelli ideali di forza e di coraggio; per loro si innalzavano statue, si celebravano feste e si scrivevano inni.
   A margine delle competizioni atletiche durante gli agoni panellenici avevano luogo rassegne musicali e poetiche. Solitamente, i vincitori delle gare atletiche e di quelle musicali e letterarie ricevevano in premio una corona vegetale.


Sport e letteratura nel mondo antico
Sin dall’antichità, dunque, si può affermare l’esistenza di uno stretto legame tra l’attività agonistica e la produzione artistico-letteraria. Poeti e narratori nel corso dei secoli hanno descritto e illustrato l'esercizio fisico nei rispettivi linguaggi, coltivando diverse concezioni dell'atletismo, descrivendo tecniche e strategie di sfide e combattimenti, plasmando imprese e figure autentiche di campioni o creando eroi del tutto immaginari, investigando aspetti positivi e negativi della passione agonistica.
   La letteratura legata allo sport subisce nei secoli una costante metamorfosi, si trasforma seguendo i cambiamenti che investono varie attività atletiche, combattive e ludiche, risentendo congiuntamente delle mutazioni dei sistemi e dei modi della comunicazione, a seconda delle epoche e delle civiltà.
   La letteratura greca antica offre numerose testimonianze di elevato spessore artistico e creativo legate a diverse discipline atletiche allora praticate e al carattere religioso e sacrale che la pratica dell’atletismo ‒ i Giochi Olimpici quanto gli Ateniesi, gli Istmici, i Nemei ‒ e la figura stessa dell'atleta possedevano nel contesto culturale e ideologico della civiltà dell'antica Grecia. I poemi omerici Iliade e Odissea, le Odi di Pindaro, gli Epinici di Bacchilide, gli Idilli di Teocrito e diverse liriche raccolte nell'Antologia Palatina, ad esempio, gettano luce anche sugli aspetti “tecnici” delle discipline allora praticate e sulla lenta diffusione dell’attività atletica nella vita quotidiana del mondo antico, sul fascino attrattivo che giochi e agoni, prima come feste sacre poi gradatamente anche come eventi ludici, esercitavano sulla folla.
   Lo stesso può dirsi per la letteratura latina di epoca romana dalla quale si può estrarre un vasto repertorio di opere poetiche (dalla corsa di Eurialo e Niso e la gara al tiro con gli archi dell'Eneide, ai versi di Orazio, Tibullo, Properzio.) o in prosa le quali, tra l’altro, riflettono la metamorfosi subita dalla concezione dell’attività atletica nella società romana, con l’affermazione del culto salutistico del corpo e di discipline atte a potenziare la combattività del soggetto (la lotta, il pugilato, il pancrazio) sino alla progressiva secolarizzazione della prestazione atletica; l’atleta, quindi, non ha più successo grazie alla divinità che lo favorisce, ma per merito proprio.